sabato 12 novembre 2011

Se penso a un’Italia senza B, immagino un brigadiere che si addormenta mentre intercetta le telefonate fra il professor Monti e Mario Draghi.
Oh, mica voglio un’Italia di banchieri. Ma un po’ grigia e barbosa, sì.
Non moralista, morale.
Che per qualche tempo si metta a dieta di barzellette, volgarità, ostentazioni d’ignoranza.
Dove l’ottimismo non sia la premessa di una truffa, ma la conseguenza di uno sforzo comune.
Un’Italia solare, anche nell’energia.
Con meno politici e più politica. Meno discorsi da bar e più coerenza fra parole e gesti.
Una democrazia sana e contenta di sé, che la smetta di prendere sbandate per gli uomini della provvidenza e si ricordi di essere viva ogni giorno e non solo una volta ogni cinque anni per mettere una crocetta su una scheda compilata da altri.
Un’Italia di politici che non parlano di magistrati, ma coi magistrati (se imputati).
E di magistrati che parlano con le sentenze e non nei congressi di partito. Di federalisti che non fanno rima con razzisti.
Un Paese allegro e però serio.
Capace di esportare non solo prodotti belli, ma belle figure.
Vorrei essere governato da persone migliori di me.
Che non facciano le corna, non giurino sulle zucche e si sfilino un paio di chili dalla pancia, prima di far tirare la cinghia a noi, ripristinando il principio che chi sta in alto deve dare il buon esempio.
Per giungere a un’Italia così, le dimissioni di B rappresentano un primo passo.
Adesso devono dimettersi tutti gli altri.
Perché più ancora di Berlusconi temo i berluscloni.
Massimo Gramellini

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